Ritorno al bitume

Batto brocca sulla ciclovia Alpeadria che dal confine con l'Austria porta a Pontebba. Ma so bene che la temperatura cambierà rapidamente, per cui é inutile portarsi appresso indumenti che poi aggiungerebbero caldo al caldo.
Senza fare nemmeno una piega guado il torrente, magie della MTB.
La ciclabile termina dopo ventisette chilometri. Trasloco obbligato sulla Statale 13 che, dopo le meraviglie dei sentieri vacanzieri, ha il sapore insipido di un'interminabile lasagna di asfalto.
Dopo appena 40 km la testa affonda nel mantra "ma che cazzo sto facendo".
E' in quel momento che un trio Pakai di ciclisti austriaci mi sorpassa come fossi uno straccione.
Il mantra non é più nemmeno un ricordo lontano.
Vi faccio vedere io come muore un Tebaldino.
Lancio le ruote grasse con la pressione regolata a livello sgonfié alla caccia delle tre bici da corsa teutoniche.
Non é facile spingere Formichino a quella velocità, patisco soprattutto nei tratti in discesa dove per non farmi staccare devo far girare le gambe come la centrifuga dell'insalata.
Ai meno trenta dall'arrivo girano a destra. Tiro dritto, senza per questo voler dichiarare la mia malafede politica.
Dall'asfalto sale un caldo primordiale, in lontananza oltre quelle dune mi aspetto di scorgere un'oasi.
Non ho più gambe. Non ho più testa. E quel maledetto vento contrario che presenta il conto alla mia pedalata chiusa con un chilometraggio in terza cifra.
Ora mi aspettano l'aria condizionata, il gelatino serale nel quartiere deserto, i rutti del vicino. Le ruote strette della bici da corsa e magari i cento chili del Nafta che mi staccano in salita.
Un ritorno al bitume, per l'appunto.

Uff.......ritorno al bitume.